Spondilodiscite a seguito di intervento di nucleoplastica

M., 63 anni, si è rivolto agli esperti di Iuremed per ottenere giustizia in seguito a un grave episodio di presunta responsabilità medica. Il signor M., affetto da dolori alla colonna lombare dovuti a una discopatia degenerativa, si era sottoposto a un intervento chirurgico mininvasivo, noto come nucleoplastica, presso la Casa di Cura S.. Questo intervento avrebbe dovuto alleviare i suoi sintomi, migliorando la qualità della vita. Tuttavia, ciò che sembrava essere una soluzione si è presto trasformato in un incubo.

Cosa è accaduto?

La nucleoplastica, una procedura innovativa e poco invasiva, consiste nel ridurre la pressione sui nervi spinali eliminando parte del disco intervertebrale attraverso una sonda a radiofrequenza. Inizialmente, tutto sembrava andare per il meglio: l’intervento si era svolto senza complicazioni apparenti, e il decorso post-operatorio sembrava regolare. Ma, a distanza di alcune settimane, il signor M. ha iniziato a lamentare sintomi insoliti, come debolezza agli arti inferiori, difficoltà a mantenere la posizione eretta e un crescente dolore lombare.

Questi sintomi hanno portato a ulteriori accertamenti diagnostici, che hanno rivelato una grave infezione: una spondilodiscite, ovvero un processo infettivo-infiammatorio che coinvolge i dischi intervertebrali e i corpi vertebrali adiacenti. La spondilodiscite è una condizione debilitante che provoca dolore intenso, rigidità, febbre e, nei casi più gravi, può danneggiare permanentemente la colonna vertebrale, compromettendo la mobilità del paziente. Nel caso del signor M., l’infezione è stata attribuita a un ceppo di Staphylococcus hominis, un batterio resistente agli antibiotici e spesso associato a infezioni ospedaliere.

Un’infezione evitabile?

L’origine dell’infezione è stata individuata nel primo intervento chirurgico. Nonostante la struttura sanitaria avesse seguito le procedure standard di sterilizzazione e somministrato la profilassi antibiotica, l’infezione si è verificata, sollevando interrogativi sulla prevenzione adottata. Gli esperti incaricati dal Tribunale hanno stabilito che, con criteri civilistici, l’infezione era non solo prevedibile, ma anche prevenibile. Hanno sottolineato che, sebbene le infezioni siano una complicanza nota negli interventi chirurgici, la responsabilità ricade sulla struttura sanitaria nel momento in cui queste non vengono gestite con la massima scrupolosità.

Le conseguenze per il paziente

A causa dell’infezione, M. ha dovuto affrontare un secondo intervento molto più complesso: una decompressione della colonna e un’artrodesi lombare, che ha comportato l’inserimento di barre metalliche e viti nella colonna vertebrale per stabilizzarla. Questo secondo intervento ha avuto un impatto significativo sulla sua vita. M. non solo ha dovuto affrontare un lungo periodo di riabilitazione, ma si è trovato con una mobilità limitata e ha perso gran parte della sua autonomia. Non può più camminare per lunghi tratti senza aiuto e ha difficoltà a mantenere la posizione eretta per più di qualche minuto. Queste limitazioni lo hanno costretto ad abbandonare il lavoro e a modificare profondamente il suo stile di vita.

Le conclusioni degli esperti

La consulenza tecnica richiesta dal Tribunale ha stabilito con chiarezza il nesso causale tra l’intervento di nucleoplastica e l’insorgenza della spondilodiscite. I consulenti hanno evidenziato come l’infezione fosse compatibile con una contaminazione durante il primo intervento, legata alla flora batterica cutanea. Inoltre, non sono state fornite prove sufficienti per dimostrare che la struttura avesse adottato tutte le misure necessarie per evitare l’infezione.

Dal punto di vista medico-legale, il danno subito dal signor M. è stato quantificato in una menomazione permanente del 16%, un dato nettamente superiore rispetto al 4% che sarebbe stato stimato in caso di esito positivo del primo intervento. Questo incremento del danno, unito alle sofferenze fisiche e psicologiche e alle limitazioni lavorative, ha reso evidente la necessità di un risarcimento.

Una vicenda emblematica

Il caso di M. mette in luce le sfide e le responsabilità del sistema sanitario quando si tratta di prevenire complicanze prevedibili, come le infezioni nosocomiali. Sebbene alcune di queste siano difficilmente eliminabili, un approccio rigoroso e conforme alle migliori pratiche può fare la differenza tra un esito positivo e una vita segnata da disabilità permanenti. Per il signor M., il percorso verso la giustizia è diventato un passo necessario per ottenere non solo un risarcimento, ma anche il riconoscimento del torto subito.

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