Osteomielite all’omero destro dopo sintesi di frattura

Oggi ripercorriamo la storia di Emanuele (nome di fantasia) appena quattordicenne all’epoca dei fatti.

Emanuele si reca in Pronto soccorso presso un ospedale di Lucca per una frattura dell’omero destro, causata da un trauma accidentale. È subito operato, ma il post-operatorio si rivela molto complesso e aggravato da un’infezione ospedaliera da stafilococco. Tale complicanza comporterà un danno anche di natura estetica, dovuto a una non corretta cicatrizzazione della ferita. I famigliari si rivolgono a IUREMED per capire cosa è successo in un intervento che non presentava particolari criticità e per ottenere un giusto risarcimento.

Osteomielite: il contesto

L’osteomielite rientra tra le infezioni ossee causate da agenti patogeni. Richiedono una diagnosi rapida e un trattamento adeguato a evitare la cronicizzazione e danni invalidanti.

Questo tipo di infezione può interessare qualsiasi segmento osseo, anche se sono più frequenti nelle ossa lunghe (femore, tibia, omero o calcagno). Si può poi localizzare solo nell’osso e in questo caso si parla di osteite, oppure, come accade generalmente, può estendersi ai tessuti circostanti.

L’osteomielite è dunque un’infezione batterica dell’osso e della cavità midollare. Si distingue in Osteomielite Acuta (OMA) se la durata della malattia è inferiore a 2 settimane e Osteomielite Cronica (OMC) se si protrae per più di 3 mesi.

I Fatti

Nel marzo 2017 Emanuele entra in Pronto Soccorso presso un ospedale di Lucca per trauma accidentale alla spalla destra causato da una caduta in casa. Alla visita medica lamenta dolore alla spalla ma con mobilità delle dita conservata. Le condizioni generali sono buone e la visita cardiotoracica e addominale è negativa.  È quindi sottoposto a RX che rileva una frattura del collo omerale destro. Si dispone la consulenza ortopedica con applicazione di un tutore.

Lo stesso giorno quindi Emanuele è ricoverato presso il reparto di ortopedia con il referto di frattura scomposta dell’omero destro. Il giorno seguente, entra in sala operatoria per un intervento di riduzione della frattura e osteosintesi.

La frattura è quindi ridotta e stabilizzata con fili percutanei. Dopo la medicazione, gli viene applicato un tutore ed è prescritta la profilassi antibiotica.

Il giorno seguente il ragazzo ha un po’ di febbre ed è richiesta una visita ortopedica per un sanguinamento sotto la fasciatura. Portato in ambulatorio per la medicazione e il riposizionamento del tutore, Emanuele è quindi dimesso senza febbre il giorno seguente. Il dolore è tollerabile ma deve seguire una terapia medica a casa ed eseguire controlli ortopedici prestabiliti.

Dopo una settimana dal controllo con esito positivo, Emanuele però torna in P.S. perché la ferita presenta una perdita di pus. Tolto il bendaggio, sporco e maleodorante, si evidenzia deiscenza, cioè una non corretta chiusura dei lembi della ferita o dei margini di una sutura. Il giovane è medicato e nuovamente ricoverato per essere sottoposto a RX dell’omero e agli esami di laboratorio previsti. Due giorni dopo, è nuovamente dimesso con la prescrizione di nuovi controlli e medicazioni.

Al controllo di maggio, la pelle presenta una certa sofferenza nella zona dell’operazione, in particolare cheloidi (lesioni cutanee che indicano un non corretto processo di guarigione della ferita); tuttavia riesce a muovere il braccio senza problemi. I medici consigliano di non fare movimenti forzati e di tornare per la medicazione dopo circa 10 giorni.

Alle visite successive continua però la perdita di pus. Sottoposto a tampone, la ferita risulta positiva per Staphylococcus Aureus; pertanto, è prescritta una cura antibiotica mirata.

A giugno Emanuele si reca insieme ai genitori presso un altro ospedale per essere visitato, poiché la ferita non migliora, così come l’infezione, nonostante la terapia e l’assenza di dolore o di alterazioni della funzionalità del braccio. Sottoposto a RM si evidenzia un quadro non proprio ottimale, con un referto che riporta la presenza di un processo ostemiolitico cronico (infezione ossea) e il perdurare dell’infezione da stafilococco. A luglio sono prelevati campioni delle lesioni cutanee per l’esame istologico e si esegue la rimozione del tessuto necrotico e una fistolectomia (trattamento chirurgico della fistola) fino alla lesione ossea, seguiti da lavaggi e drenaggi.

Al controllo di agosto l’infezione è ancora in atto e la cicatrice si presenta arrossata e con formazione di cheloide. Le condizioni di salute del giovane comunque sono buone e non c’è dolore alla spalla. Continuano i controlli e l’RX ma nel frattempo sono escluse le attività sportive o ludiche.

A dicembre Emanuele può iniziare con cautela ogni attività e comunque deve sottoporsi a controlli periodici.

Le responsabilità mediche

Quello di Emanuele è l’ennesimo caso di infezione ospedaliera, cioè insorta dopo un ricovero. Sono eventi che rappresentano uno dei problemi più rilevanti per la medicina moderna, sia per la frequenza, sia per le caratteristiche, poiché spesso si tratta di infezioni che non si eliminano in via definitiva. Sono quindi un rischio legato a doppio filo con l’assistenza sanitaria.

La relazione medico-legale riconosce la responsabilità del nosocomio lucchese nello sviluppo dell’infezione, fermo restando l’esibizione di prove da parte dell’ente sanitario sull’applicazione rigorosa dei protocolli delle misure di sicurezza.

La Cassazione ha specificato che con la parola “complicanza” in medicina si intende

solitamente “un evento dannoso, insorto nel corso dell’iter terapeutico, che pur essendo astrattamente prevedibile, non sarebbe evitabile”. Tale concetto è però del tutto inutile in campo giuridico.

Quando, infatti, nel corso di un intervento o dopo la sua conclusione, accada un peggioramento delle condizioni di salute del paziente, delle due l’una: o il peggioramento era prevedibile ed evitabile, e in tal caso la responsabilità è del medico curante, o era prevedibile e non evitabile. In tal caso la complicanza non sarebbe imputabile al personale sanitario.

Detto questo, in caso di infezione, se il medico non può dimostrare di aver tenuto una condotta rigidamente conforme ai protocolli, la complicanza e il danno al paziente gli viene attribuita. In questo caso, infatti, è stata riconosciuta la responsabilità medica che ha comportato per il giovane Emanuele un’osteomielite all’omero destro, la necessità di un’ulteriore operazione, una cicatrice esteticamente malfatta e infiniti esami e visite di controllo.

La famiglia di Emanuele e l’ASL responsabile del danno riescono, infine, a trovare un accordo per un risarcimento nella misura di euro 43.000.

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