Negligente resezione del retto per sindrome da defecazione ostruita

È il 2015 quando Luciana, 53 anni all’epoca dei fatti, si ricovera presso una clinica pugliese con una diagnosi di rettocele recidivo e per essere quindi sottoposta a un intervento di resezione mediana del retto. Ma l’operazione, che avrebbe dovuto risolvere il problema di Luciana e cioè una sindrome da defecazione ostruita, non comporta un miglioramento della condizione clinica della donna, tutt’altro. Luciana lamenta dolore, gonfiore addominale, assenza di stimolo ad andare in bagno, astenia e l’uso di device per lo svuotamento intestinale. Insomma, qualcosa è andato storto.

Luciana quindi si rivolge a IUREMED per richiedere e ottenere un giusto risarcimento per il danno subito.

Sindrome da defecazione ostruita e rettocele recidivo: il contesto

La sindrome da defecazione ostruita è una condizione contraddistinta, come indica anche il nome, dall’impossibilità di defecare in modo naturale, da una sensazione di evacuazione incompleta e da uno sforzo prolungato.

Il sintomo più evidente è la forte stitichezza, sforzi eccessivi per evacuare, avere bisogno di più di 15 minuti per defecare, andare in bagno solo una o due volte alla settimana, la sensazione di non aver liberato il retto completamente o il bisogno di utilizzare un dito per completare l’operazione.

L’ostruzione può essere causata da alterazioni anatomiche o da ingombri del tratto finale del retto (come ad esempio tumori, prolasso della parete intestinale e rettocele). Quest’ultimo caso, che riguarda soprattutto le donne, prevede la formazione di una piccola cavità che si viene a creare nell’intestino e dove si vanno a depositare resti di feci difficili da espellere.

In alcuni casi, infine, l’origine può essere legata a disturbi neuromuscolari che impediscono al retto e al canale anale di contrarsi regolarmente.

Il rettocele è quindi una condizione piuttosto comune ed è definito come un’erniazione della parete anteriore del retto in vagina, come conseguenza di un cedimento della struttura muscolare del pavimento pelvico e del setto retto-vaginale. In pratica, è lo scivolamento totale o parziale della parete dell’intestino retto dalla sua sede anatomica verso la vagina.

Tra le cause possono esserci: gravidanze plurime, obesità, lassità dei tessuti muscolari dovuta all’età e forse una predisposizione genetica.

Il trattamento chirurgico può essere necessario se i sintomi sono molto fastidiosi e invalidanti o se il rettocele anteriore è ampio e il prolasso fuoriesce dalla vagina.

L’operazione, che può essere eseguita con diverse modalità (chirurgia a cielo aperto, laparoscopia o con una tecnica minimamente invasiva detta STARR), solitamente consiste nella rimozione del tessuto in eccesso e nel posizionamento di punti di sutura o di una rete per sostenere le strutture pelviche.

I Fatti

Luciana soffre di sindrome da defecazione ostruita che le crea molto disagio e che ha comportato anche la comparsa di un rettocele recidivo; pertanto, è ricoverata per subire un intervento di resezione del retto.

Ma uscita dalla sala operatoria, la situazione non è migliorata e non si è arginata in nessun modo la progressione della preesistente sindrome da defecazione ostruita. Le condizioni cliniche di Luciana si sono anzi aggravate rispetto al preoperatorio e la donna lamenta un forte dolore e gonfiore addominale, assenza dello stimolo della defecazione, con necessità di device per lo svuotamento intestinale, grave astenia e uno stato ansioso-depressivo, che incide negativamente sull’equilibrio psico-fisico e sulla vita di relazione.

Luciana, pertanto, dopo l’intervento andato male non riesce più a svolgere le normali attività quotidiane, perché i dolori la obbligano a fermarsi. Non può nemmeno svolgere semplici lavori domestici come lavare il pavimento. Ha dovuto perfino abbandonare l’attività fisica a causa dei dolori alla pancia e ridurre le occasioni di socialità, perché non riesce a camminare per troppo tempo, né a stare seduta. Quindi, niente gite, niente cinema, niente vacanze, perché non è facile gestire l’igiene personale in queste circostanze.

Tutto questo si ripercuote sulla vita familiare e di coppia, non solo per i dolori ma anche per gli stati di ansia. Luciana si vergona quando deve andare in bagno e inizia a temere altre visite mediche ed esami diagnostici.

Le responsabilità mediche

Ma cosa è accaduto? Secondo la Letteratura medica internazionale e la pratica clinica condivisa dalle società scientifiche di riferimento, la resezione del retto eseguita per via addominale non risulta tra gli interventi indicati per il trattamento della sindrome da defecazione ostruita, anche in presenza di rettocele e/o prolasso rettale interno.

L’esame istologico e i referti dei test strumentali eseguiti rilevano che la resezione del retto alla quale la donna è stata sottoposta può definirsi parziale e che il segmento di retto asportato non può essere responsabile del progressivo peggioramento della capacità defecatoria, sino all’assenza dello stimolo.

È invece probabile che sia attribuibile al progressivo peggioramento clinico della sindrome da defecazione ostruita. Pertanto, è stata rilevata la responsabilità, la negligenza e l’imprudenza dei medici che sottoposero Luciana a intervento chirurgico di “resezione anteriore del retto”, una scelta non riconosciuta dalla comunità scientifica internazionale come intervento chirurgico da eseguire per il trattamento del rettocele e della defecazione ostruita.

Inoltre, è stato amputato anche un tratto di grosso intestino che, secondo il chirurgo, avrebbe migliorato il transito delle feci, dovendo percorrere una distanza più corta. La resezione di parte dell’intestino sarebbe stata necessaria, secondo il chirurgo, per ottenere la riparazione strutturale della parete addominale. Da tale intervento, attuato per risolvere una condizione medica chiamata megaretto (dilatazione dell’intestino retto), presente nei verbali operatori ma mai indicata nei referti degli esami diagnostici, non ne è derivato però alcun beneficio. Anzi, la donna presenta una cicatrice chirurgica di circa 20 cm e un laparocele di circa 2. A questo si aggiungono le aderenze addominali, presenti in oltre il 90% degli interventi chirurgici addominali e responsabili di un dolore cronico all’addome e che, nei casi più gravi, possono comportare serie complicanze.

Grazie all’assistenza di Iuremed, all’esito della CTU, si giunge ad una transazione che consente a Luciana di ottenere il risarcimento dei danni patiti.

0 commenti

Lascia un Commento

Vuoi partecipare alla discussione?
Sentitevi liberi di contribuire!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *