Melanoma oculare e approccio conservativo inadeguato

La vicenda clinica di Pasquale, pensionato e 70enne all’epoca dei fatti, inizia al Pronto Soccorso di un ospedale di Bari, dove si reca per problemi all’occhio sinistro. Pasquale ha una storia clinica complessa e ha già subito l’enucleazione dell’occhio destro per melanoma.

I medici gli consigliano una terapia con collirio e lo rimandano a casa ma Pasquale sta ancora male e torna di nuovo in P.S., dove stavolta è ricoverato e trasferito al reparto di Neurochirurgia.

Qui inizia un percorso clinico complicato, con tre operazioni chirurgiche, l’enucleazione anche dell’occhio sinistro e un calvario ospedaliero durato mesi.

I familiari di Pasquale, deceduto nel frattempo, si sono rivolti a IUREMED per una valutazione complessiva del difficile vissuto ospedaliero del loro caro e ottenere un equo risarcimento.

Papilledema e melanoma oculare: il contesto

Il papilledema è una condizione caratterizzata da un aumento della pressione all’interno o intorno all’encefalo, che causa edema di parte del nervo ottico nel punto di ingresso nell’occhio. Le cause sono diverse, come ipertensione intracranica, trauma, infiammazione del cervello (encefalite) o delle sue membrane (meningite) o un tumore.

Il melanoma oculare, invece, è un tumore raro che si sviluppa dai melanociti, cellule presenti in alcune parti dell’occhio. Nei casi di melanoma oculare, occorre distinguere tra tumore primario, cioè che parte direttamente dalle cellule dell’occhio, e tumore secondario, ovvero metastasi di altri tumori che hanno raggiunto l’occhio.

Sono più frequenti quelli che originano dall’uvea (la tonaca vascolare dell’occhio, interposta tra la sclera e la retina), dove sono presenti le cellule che producono la melanina. Rappresentano il 2% di tutti i tumori oculari e si dividono in: melanomi della coroide, dei corpi ciliari e dell’iride.

I Fatti

Pasquale, un ex meccanico ora in pensione, si reca al Pronto Soccorso per un bruciore all’occhio sinistro, già gravato da esoftalmo (protusione del globo oculare).

La storia clinica dell’uomo è un po’ complessa. Ha sofferto di leucemia mieloiode, ha il diabete e ha subito l’enucleazione (asportazione) dell’occhio destro per melanoma con l’impianto di una protesi oculare.

Giunto in ospedale, i clinici lo rimandano a casa con un collirio, ma il giorno dopo Pasquale torna in P.S. ed è ricoverato al reparto di Neurochirurgia e sottoposto a una serie di esami diagnostici. Dopo pochi giorni, entra in sala operatoria per eseguire “un piccolo taglio”, così almeno è ciò che gli dicono i sanitari. Questa volta la diagnosi è di papilledema. Il referto della TC cranio indica in realtà una formazione voluminosa extrabulbare che provoca l’esoftalmo.

L’intervento per conservare l’occhio e togliere la neoformazione, dura otto ore. Pasquale al risveglio però non vede più, non riesce ad aprire la palpebra, riferisce ai medici una sensazione di stordimento e non riesce a respirare bene.

Le successive consulenze oftalmologiche verificano la persistenza del papilledema e il distacco della retina e, dopo tre settimane dall’operazione, la TC rileva anche la presenza di un grave pneumocefalo (presenza di aria o gas nelle cavità intracraniche) come complicanza operatoria.

I medici quindi decidono di rioperarlo ma stavolta il decorso post operatorio è lento e difficile e a distanza di un mese è ancora presente un versamento ematico a livello del bulbo.

Non è consigliabile un’ennesima operazione, quindi Pasquale è dimesso e torna a casa.

Visitato da un oncologo, le notizie non sono buone: la formazione in realtà è un melanoma molto esteso e la prognosi non è favorevole.

Dopo altri accertamenti diagnostici, Pasquale è ricoverato in un altro nosocomio pugliese, dove subisce l’enucleazione anche dell’occhio sinistro, diventando completamente cieco.

La prognosi di Pasquale resta infausta e dopo qualche anno, superando comunque le aspettative, muore.

Le responsabilità mediche

Secondo il medico legale che ha redatto la CTU, il referto istologico descrive con certezza un melanoma coroidale, cioè un tumore della coroide (la membrana dell’occhio interposta fra la sclerotica e la retina). La gestione da parte dei clinici però non è stata ottimale, anche durante il primo accesso al P.S., in cui il medico mandò a casa Pasquale con un collirio in mano, senza tenere in considerazione l’anamnesi del paziente, già colpito da melanoma anni prima, e senza eseguire le indagini necessarie.

La diagnosi era dunque di melanoma coroideale in stato avanzato, infiltrante le strutture orbitali. Tale patologia ha purtroppo una prognosi infausta, con un decorso abbastanza variabile (da pochi mesi ad alcuni anni) e tende a metastatizzare frequentemente più organi.

Per questo, il suo trattamento deve essere radicale e tempestivo.

Secondo le linee guida di riferimento, infatti, nel trattamento di melanomi oculari di grandi dimensioni, la chirurgia conservativa non è un’opzione. Sarebbe stato quindi opportuno informare Pasquale che non c’era possibilità di recuperare la vista e che bisognava procedere subito con l’enucleazione dell’occhio.

La necessità poi di un secondo intervento chirurgico per una complicanza operatoria ha dilatato i tempi medi di degenza a oltre due mesi.

L’enucleazione dell’occhio eseguita fin dall’inizio avrebbe risparmiato al paziente tutti gli interventi demolitivi neurochirurgici e le successive complicanze.

Ciò che è mancato in questa vicenda è stata la carente informazione al paziente e ai suoi familiari e l’approfondimento diagnostico da parte del team operatorio, che andava condiviso consultando gli specialisti oculisti, anche in considerazione della storia ospedaliera del paziente.

Tutto il percorso clinico di Pasquale non è stato gestito come avrebbe dovuto, causando anche molta sofferenza durante la lunga degenza, per poi comunque perdere l’occhio.

I familiari arrivano a una transazione bonaria con la ASL e ottengono un risarcimento di euro 55.000.

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