Mastectomia con mancato inserimento di protesi per infezione batterica
Marina, 60 anni, casalinga, sottoposta a mammografia riceve un esito non proprio positivo. Dopo la biopsia, che riscontra la presenza di un carcinoma alla mammella destra, con diversi focolai, entra in sala operatoria per un intervento di mastectomia, con successiva ricostruzione di chirurgia plastica. Ma a causa di un’infezione batterica contratta in sala operatoria, Marina non ha potuto inserire la protesi.
Si rivolge quindi a IUREMED per ottenere il riconoscimento del danno estetico ma anche psicologico.
Mastectomia: il contesto
In caso di carcinoma mammario, la tecnica chirurgica può essere di tipo conservativo, in cui il chirurgo asporta solo il tumore con un’area di tessuto mammario circostante (resezione parziale/quadrantectomia); oppure demolitiva, cioè si asporta l’intera mammella.
La mastectomia, quindi, consiste nell’asportazione di tutta la mammella. È necessaria quando il tumore è voluminoso, oppure è piccolo, ma con estesa componente intraduttale (le cellule tumorali si sviluppano all’interno dei dotti ma rimangono “in situ” cioè non si estendono al di fuori del dotto nel tessuto circostante o in altre parti del corpo). Anche in questi casi, è talvolta possibile conservare la cute e il complesso areola-capezzolo. In questo modo si riduce l’impatto psicologico dell’asportazione totale della mammella, garantendo una certa sicurezza oncologica.
La mastectomia è poi seguita dalla chirurgia ricostruttiva. Nella maggior parte dei casi la ricostruzione è concomitante (o immediata), ossia avviene contestualmente alla mastectomia. In tali casi, terminata l’asportazione della mammella, il chirurgo plastico posiziona una protesi definitiva, oppure temporanea, il cosiddetto espansore. Una volta raggiunta una distensione adeguata, l’espansore è sostituito con la protesi definitiva. In alcuni casi, il chirurgo plastico, indipendentemente dalla modalità di ricostruzione, potrebbe proporre di rimodellare anche la mammella sana al fine di mantenere una buona estetica e simmetria. Nei casi in cui la ricostruzione concomitante non è indicata, sarà comunque possibile una ricostruzione differita, ossia a distanza di tempo dalla mastectomia.
Il Servizio Sanitario Nazionale fornisce gratuitamente la protesi mammaria esterna alle donne che abbiano subito una mastectomia unilaterale o bilaterale.
I Fatti
Marina è ricoverata presso un ospedale veronese per mastectomia destra e ricostruzione della mammella con espansore mammario. Si tratta di un dispositivo inserito sotto al muscolo grande pettorale che, aumentando progressivamente di volume, consente successivamente l’impianto della protesi in silicone.
Dopo l’intervento, è dimessa con il drenaggio e prescrizione farmacologica. La settimana successiva dovrà recarsi in ambulatorio per la medicazione.
Durante la visita di controllo Marina però indica al medico la comparsa di dolore alla mammella di tipo compressivo e febbre. Il medico riscontra la fuoriuscita dal drenaggio di un liquido sieroso. Si rimuove il drenaggio ed è prescritta una nuova terapia farmacologica e fissata una visita di controllo dopo una settimana.
Marina, invece, dopo pochi giorni, si reca in Pronto Soccorso per un dolore al torace e febbre. È ricoverata per infezione dell’espansore mammario e quindi sottoposta a un nuovo intervento di revisione chirurgica per togliere il dispositivo e posizionare un altro drenaggio. Dagli esami risulta un’infezione batterica da Stafilococco aureo.
Al controllo successivo, permane ancora un’area infiammata e la fuoriuscita dal drenaggio di pus. Marina è dimessa con prescrizione farmacologica di prassi, una RMN con contrasto e visita senologica.
La vicenda di Marina si conclude con l’impossibilità di inserire la protesi e quindi di ricostruire la mammella, comportando un danno estetico non indifferente e un forte disagio nella sfera psichica.
Le responsabilità mediche
Ai tecnici della CTU pare evidente che l’infezione sia avvenuta in sala operatoria. È altamente probabile poi che la contaminazione batterica sia stata determinata da una mancata adozione delle procedure standard di asepsi ambientale, cioè di sterilizzazione.
Ciò non ha permesso la ricostruzione estetica della mammella e la permanenza di cicatrici, cui si associa un forte disagio psicologico. Il danno biologico permanente è stato riconosciuto pari al 10%.
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