Mancano i posti letto e un ricovero per calcoli alla colecisti diventa fatale a causa di una caduta dalla barella

Il caso di cui vogliamo parlare oggi riguarda la signora Filomena (nome di fantasia), una donna di 63 anni, deceduta nel 2013 dopo il ricovero presso un ospedale di Bari per una colecistectomia.

La degenza è stata molto complicata e aggravata da una caduta dalla barella, dove Filomena era stata sistemata per mancanza di letti. Nascono da qui tutta una serie complicanze che hanno portato al decesso della donna, dopo pochi giorni dall’operazione.

I familiari, marito e tre figli, si sono rivolti a Iuremed per ottenere un giusto risarcimento per il danno subito che, con il nostro aiuto, hanno ottenuto.

Colecistectomia per litiasi biliare

La litiasi biliare è una malattia piuttosto comune caratterizzata dalla formazione di calcoli, cioè depositi di bile piccoli e duri (simili a minuscoli sassolini) che si posizionano all’interno della colecisti e delle vie biliari.

Se comportano l’ostruzione di un dotto biliare, si può ricorrere a un intervento chirurgico, cioè la colecistectomia. Si tratta di un’operazione per rimuovere la cistifellea (o colecisti) infiammata a causa, appunto, dei calcoli biliari. La colecisti è un piccolo organo che svolge la funzione di accumulare la bile, il liquido prodotto dal fegato che serve a digerire i grassi.

È una prassi chirurgica laparoscopica solitamente indicata se l’infiammazione dell’organo è piuttosto acuta o in caso di eccessiva dilatazione.

I Fatti

Filomena è ricoverata presso il nosocomio barese con un quadro sintomatologico non troppo specifico ma con una diagnosi di litiasi biliare. L’ospedale però è al competo, non ci sono posti letto liberi, così la donna accetta di essere sistemata temporaneamente su una barella. Durante la degenza però cade a terra, ma i clinici non prestano la dovuta attenzione all’evento. Il giorno successivo alla caduta, infatti, il quadro clinico di Filomena si aggrava. L’Rx torace evidenzia un sollevamento dell’emidiaframma destro (che si verifica quando una delle due metà del diaframma, destro o sinistro, è posizionata a un livello più alto rispetto all’altra) e un peggioramento complessivo dello stato di salute, soprattutto a carico dell’apparato cardiaco.

Nei giorni successivi, nonostante la caduta e un evidente stato di prostrazione fisica, Filomena non è sottoposta a nessun esame strumentale prima dell’operazione chirurgica per colecistectomia. L’intervento è in laparoscopia ma per il sopraggiungere di un sanguinamento in addome, nello specifico una raccolta di sangue nell’ipocondrio destro (la parte superiore e laterale della cavità addominale) di circa 30 cm di diametro, si opta per la tecnica “open”.

Concluso l’intervento, le condizioni di Filomena appaiono fin da subito piuttosto critiche e dopo pochi giorni la donna muore.

Le responsabilità mediche

La responsabilità di una struttura ospedaliera o sanitaria, si attiva nel momento in cui accetta il ricovero di un paziente, con l’obbligo di cura, ma anche di vigilanza e custodia in nome del diritto alla salute. È un vero e proprio “contratto”. L’ospedale o la clinica, oltre alla prestazione medico-sanitaria alla base del ricovero, è tenuto ad adottare un’adeguata organizzazione del lavoro dei sanitari e l’osservanza delle comuni regole di diligenza e prudenza, soprattutto per scongiurare l’esito infausto.

Nel caso di Filomena, le responsabilità mediche accertate riguardano la mancanza di rilievi clinico-strumentali nei primi giorni della degenza e la carenza di procedure per evitare il rischio di caduta, cosa puntualmente accaduta. Sono mancate anche le indagini di approfondimento strumentale per valutare le conseguenze del trauma. Ciò ha comportato un notevole ritardo nella diagnosi dell’ematoma dell’ipocondrio destro, molto probabilmente dovuto alla caduta, con riscontro solo in sala operatoria, circa cinque giorni dopo.

I familiari hanno dunque richiesto un risarcimento del danno non patrimoniale che tenga conto della sofferenza e del cambiamento peggiorativo delle loro abitudini di vita (uno dei figli viveva ancora in casa con i genitori).

Il Tribunale, dopo aver valutato tutte le informazioni, compresa la CTU, ha stabilito un risarcimento complessivo pari a euro 1.019.896.80.

Nella determinazione del risarcimento si è tenuto conto del rapporto di parentela esistente tra la vittima e i congiunti aventi diritto al risarcimento, la loro età, l’età della vittima e la convivenza tra la vittima e i congiunti.

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