Ischemia non riconosciuta in Pronto Soccorso con gravi conseguenze per il paziente
Aurelio (nome di fantasia) di 59 anni, si reca in Pronto Soccorso presso un ospedale lombardo. È dal pomeriggio che non si sente troppo bene: ha difficoltà a parlare e percepisce una diversa sensibilità al braccio destro. Il personale sanitario non riconosce un’ischemia in atto, peggiorando il quadro clinico e lo stato di salute di Aurelio. Oggi l’uomo presenta una grave emiparesi destra e un’invalidante afasia. Per questo si è rivolto a IUREMED per fare chiarezza e ottenere un giusto risarcimento per il danno subito.
Ischemia cerebrale: il contesto
L’ischemia cerebrale è una malattia dovuta alla riduzione di apporto di sangue (e quindi di ossigeno) al cervello. Sono due le forme di ischemia cerebrale: l’ischemia focale, confinata in un’area limitata del tessuto cerebrale e che può essere causata da un trombo o da un embolo che bloccano il flusso del sangue in un’arteria; l’ischemia globale, che coinvolge più zone cerebrali e si caratterizza dalla riduzione, o perfino dall’interruzione, del flusso del sangue verso il cervello. Il risultato è sempre un deficit di ossigeno, che va affrontato il prima possibile per evitare gravi conseguenze.
Le cause sono diverse: aterosclerosi dei vasi che portano il sangue al cervello; malattie cardiache che possono causare la formazione di emboli (che attraverso il torrente ematico raggiungono i vasi cerebrali e li ostruiscono); malattia dei piccoli vasi che determina l’occlusione di piccole arteriole, i cui fattori predisponenti possono essere l’ipertensione arteriosa e il diabete.
L’ischemia cerebrale può manifestarsi con sintomi di gravità variabile. Fra i principali: problemi alla vista (come cecità da un occhio e visione doppia); difficoltà a parlare; difficoltà a muoversi e a coordinare i movimenti; perdita di conoscenza; senso di debolezza a un braccio, a una gamba, a una metà del corpo o esteso a tutto il corpo.
I Fatti
Sono le 20.00 del 5 febbraio 2016 e Aurelio, che fin dal pomeriggio non riesce a parlare bene e avverte una diversa sensibilità al braccio destro, si reca in pronto soccorso. I medici accertano la presenza di afasia e parestesia all’arto superiore destro. L’uomo, sottoposto ad anamnesi, riporta di essere fumatore, iperteso e con precedente TIA (attacco ischemico transitorio). Nonostante i dati clinici propendano fortemente per un esordio ischemico cerebrale, il personale sanitario, contravvenendo a quanto indicano le linee guida di riferimento, evita di procedere tempestivamente a una serie di accertamenti clinici: trombolisi (trattamento farmacologico per dissolvere trombi o emboli nei vasi sanguigni) o trombectomia meccanica percutanea (rimozione dei trombi per via percutanea, cioè con tecniche di radiologia vascolare), risonanza magnetica o TC.
Tale omissione determina un aggravamento dell’ischemia già in atto al momento dell’accesso al PS. Aurelio quindi è colpito da grave emiparesi destra (paralisi della parte destra del corpo) e afasia invalidante, disfunzioni che perdurano tuttora.
L’uomo quindi si rivolge a Iuremed e si sottopone a visita medico-legale. La conclusione è che l’approccio dei medici del PS non fu corretto. Omisero di praticare terapie, come trombolisi e/o la trombectomia percutanea meccanica, che avrebbero potuto evitare la grave emiparesi destra con afasia che ha colpito Aurelio o comunque ridurre il danno neurologico.
Già soltanto con i dati anamnestici, i medici potevano sospettare l’insorgenza dell’ischemia cerebrale e intervenire in quella direzione.
Aurelio lavorava come operaio presso una ditta di pulizie ma dopo il danno subito in ospedale, ha dovuto smettere di lavorare, percependo una piccola indennità dall’INPS, che certamente non basta, né è equiparabile allo stipendio che prendeva prima.
Inoltre, adesso tutta la gestione della casa è sulle spalle della moglie, che è sempre stanca e affaticata. La vita sociale si è azzerata, niente più aperitivi con gli amici, niente più vacanze al mare o gite la domenica in famiglia. Anche le relazioni familiari, con la moglie e i figli, sono cambiate. Perfino la nipote di 7 anni ha paura ad avvicinarsi per timore di fargli male.
Aurelio si vergogna del suo aspetto, non esce più di casa, non riesce più a parlare, non si riconosce più e non vuole accettare questa sua nuova condizione.
Le responsabilità mediche
Già con il dato anamnestico rilevato dai medici del PS si poteva datare l’insorgenza dell’ischemia cerebrale, da un massimo di 4,5 h a un minimo di 2,5 h, con un range intermedio di 3,5 h (come indicano le linee guida ISO). Con questi dati in mano, era quindi indicato eseguire una trombolisi d’urgenza. Inoltre, proprio perché non chiaramente databile l’inizio dell’ischemia cerebrale (comunque entro le h. 4,5), si sarebbe potuto effettuare una RMN o una TAC di perfusione, per evidenziare la cosiddetta “penombra ischemica” (la parte di tessuto cerebrale danneggiato da ictus, potenzialmente recuperabile tramite un intervento tempestivo).
Il tessuto nervoso cerebrale è molto sensibile all’ischemia per cui, se questa è completata, i neuroni restano vitali solamente per pochi minuti. Per fortuna, il cervello è dotato di circoli collaterali (principalmente quello di Willis e il leptomeningeo) che solitamente consentono di mantenere un flusso ematico ridotto, ma non azzerato nell’area ischemica. Si crea, pertanto, una penombra ischemica, a volte anche estesa, in cui il tessuto cerebrale perde gran parte delle sue funzioni ma può mantenersi vitale per diverse ore. Se in questo tempo si ripristina la normale perfusione, si possono ottenere buoni risultati.
La capacità di reagire all’ischemia cerebrale è molto variabile da persona a persona e vi sono soggetti dotati di circoli collaterali così efficienti da consentire la sopravvivenza del tessuto cerebrale anche fino a 24 ore.
Il non corretto approccio, rinunciatario e attendista, dei medici del PS lombardo, ha causato ad Aurelio un danno biologico permanente che si sarebbe potuto evitare se fosse stata effettuata una terapia interventistica (trombolisi o trombectomia meccanica percutanea, RMN o TC di perfusione).
Dopo l’intervento chiarificatore del CTU, si avviene a un accordo tra le parti, senza dover ricorrere al Tribunale. Ad Aurelio è corrisposto un risarcimento pari a euro 320.000,00.
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