Intervento alla colecisti complicato da lesione delle vie biliari

La storia di Assunta, 72 anni all’epoca del ricovero, inizia con una diagnosi di calcolosi della colecisti. Entra quindi in un ospedale romano per un intervento di colecistectomia laparoscopica ma la situazione si aggrava a tal punto che la donna entra ed esce dall’ospedale per alcuni anni anni. L’operazione ha comportato una complicanza piuttosto seria che ha compromesso la qualità della vita di Assunta, la quale decide di chiedere un equo risarcimento per i danni subiti.

Calcolosi della colecisti e colecistectomia: il contesto

Con il termine di calcolosi della colecisti si intende la presenza di calcoli nella colecisti, causata dal deposito dei sali che costituiscono la bile. Si formano dei veri e propri “sassi”, cioè i calcoli, le cui dimensioni possono variare da pochi millimetri a vari centimetri.

In molti casi non si manifesta nessun sintomo e il riscontro avviene in seguito all’esecuzione di una ecografia dell’addome, effettuata per altri motivi.

Solitamente la sintomatologia è contraddistinta da generici disturbi digestivi dopo i pasti, ma la classica manifestazione è la colica biliare che si rivela generalmente con dolore sotto l’arcata costale destra. Al dolore si può associare nausea e vomito. La situazione può complicarsi con un’infezione della colecisti, detta colecistite, che si manifesta, oltre che con dolore, con febbre e brividi.

Il trattamento della calcolosi della colecisti è prevalentemente di tipo chirurgico, in cui l’operazione è effettuata soprattutto per via laparoscopica (colecistectomia laparoscopica).

È una chirurgia mini-invasiva che si esegue introducendo una telecamera nell’addome, attraverso una piccola incisione a livello dell’ombelico e mediante altre due piccole incisioni dove si inseriscono gli strumenti usati per l’intervento. La telecamera proietta le immagini su un monitor e tutto l’intervento si svolge guardando il video.

I Fatti

Assunta, una casalinga di 72 anni è ricoverata presso un nosocomio romano per sottoporsi a un intervento di colecistectomia laparoscopica in seguito a una diagnosi di calcoli alla colecisti.

Uscita dalla sala operatoria, in seguito alla presenza di bile nel drenaggio è sottoposta a TAC addome e RM che evidenziano un’anomalia a livello dei due rami biliari destro e sinistro. Dopo un paio di settimane quindi Assunta entra nuovamente in sala operatoria. Il referto istologico riferisce una colecistite cronica riacutizzata e gangrenosa con infiltrato infiammatorio. È trasferita presso un altro ospedale con una diagnosi di fistola del dotto biliare (una complicanza della chirurgia epato-biliare in cui la maggior parte guarisce spontaneamente oppure dopo una “decompressione biliare” ottenuta endoscopicamente).

In pratica si è verificata una lesione della via biliare principale in seguito alla colecistectomia.

Dopo una serie di accertamenti ed esami e il controllo del funzionamento del drenaggio, Assunta è dimessa dopo più di mese e mezzo di ricovero. Durante i controlli ambulatoriali prescritti, il drenaggio però non funziona correttamente e la donna ha febbre e brividi. Si decide di togliere il drenaggio ma ai successivi controlli Assunta riporta alcuni sintomi tra cui ittero, febbre alta e rialzo dei valori della bilirubina. È di nuovo ricoverata e sottoposta a TAC addome che evidenzia una dilatazione delle vie biliari. Alcuni mesi dopo è sottoposta a “Bi-dutto-digiunostomia su ansa a Y”, un intervento di ricostruzione dopo lesioni biliari post-operatorie, ma il decorso è caratterizzato da una fistola biliare estesa.

Il calvario per Assunta, quindi, non finisce ed è sottoposta ad altri interventi e accertamenti. Inoltre, la coltura del drenaggio evidenza la presenza di infezione batterica da Enterococco faecium da trattare con antibiotici. Anche gli esami cardiologici non sono ottimali così come quelli epatici e la donna è costretta a ricoverarsi più volte.

Nel 2020 entra nuovamente in ospedale per sepsi colangitica da Escherichia coli con cardiopatia e ipertensione. Presenta febbre alta e dolore addominale. Dopo mesi di accertamenti, osservazione clinica e revisione del drenaggio (che resta comunque fisso), Assunta è dimessa, ma dopo qualche mese si reca in Pronto Soccorso per febbre alta e la diagnosi è di setticemia da Escherichia coli. I medici cercano di normalizzare la situazione, ma dopo un paio di mesi Assunta torna in PS, sempre per febbre alta e problemi al drenaggio.

Quello di Assunta è un vero calvario, entra ed esce dall’ospedale, con un quadro clinico in peggioramento.

Le responsabilità mediche

La CTU concentra le sue considerazioni sulle lesioni iatrogene delle vie biliari durante l’operazione di colecistectomia. Le cause di queste lesioni possono essere diverse: obesità del paziente o pregressi interventi addominali, inesperienza del chirurgo, anomali anatomiche, alterazioni infiammatorie della colecisti. Nel caso di Assunta, l’indicazione della colecistectomia era corretta, ma al momento dell’intervento il chirurgo si è trovato di fronte a un complesso quadro infiammatorio e a delle aderenze. Dall’esame della documentazione medica, emerge poi un’inavvertita chiusura con clip della via biliare. Inoltre, l’esecuzione della procedura non ha tenuto conto di alcuni accorgimenti che avrebbero potuto evitare la lesione delle vie biliari. Nonostante il rapido riscontro da parte del personale medico del secondo ospedale nel cercare di rimediare al danno iatrogeno, la complessità del danno stesso ha comportato tutta una serie di eventi a cascata, nonché l’infezione batterica.

La CTU afferma quindi che il danno causato non è una complicanza non prevenibile ma è stato determinato da una procedura chirurgica imprudente che non ha tenuto conto dei rischi insiti nella complessità del quadro clinico della paziente.

La vicenda si conclude con una transazione tra le parti.

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