FALLIMENTARE INTERVENTO DI PROTESI D’ANCA E DECESSO DEL PAZIENTE

La Sig.ra Simonetta (nome di fantasia), di 77 anni, si sottoponeva ad intervento di protesi d’anca destra per il trattamento di Coxartrosi. L’intervento in questione, però, sortiva esiti fallimentari, e le condizioni cliniche dell’anziana paziente erano inemendabilmente deteriorate dalle conseguenze dell’anzidetto intervento, tanto da determinarne il decesso, nel dicembre del 2022.

I congiunti della Sig.ra Simonetta si rivolgevano a Iuremed, ritenendo inaccettabile che un routinario intervento di protesi all’anca, fisiologico per un soggetto anziano in complessiva buona salute, fosse esitato in un decesso.

LA COXARTROSI

La coxartrosi è il progressivo deterioramento della cartilagine nell’articolazione dell’anca. La cartilagine è essenziale per evitare l’attrito tra le ossa durante il movimento, e la sua usura dà luogo ad un eccessivo sfregamento che, a sua volta, causa l’infiammazione dei tessuti molli.

Il sintomo più comune della coxartrosi è un intenso dolore locale, noto come coxalgia. Altri sintomi sono la rigidità dell’articolazione e la difficoltà nel movimento.

Cause principali della coxartrosi sono l’invecchiamento, traumi o fratture dell’anca, patologie congenite ed obesità.

Generalmente, la diagnosi viene stabilita dallo specialista ortopedico, all’esito di alcuni test (movimento, crepitio, dolore e camminata), di un esame radiografico o di una artroscopia. In base allo stadio di progressione della malattia, il trattamento può essere di tipo conservativo (farmaci antinfiammatori + fisioterapia), oppure di tipo chirurgico.

L’intervento chirurgico, come nel caso che ci occupa, consiste nell’impianto di una protesi d’anca, che sostituisce l’articolazione danneggiata, per una durata di circa 15 o venti anni. In caso di successo dell’impianto, è possibile recuperare una buona mobilità, mentre, in caso di eventi avversi di tipo meccanico o infettivo, può sorgere la necessità – come abbiamo visto – di espiantare la protesi.

LE RESPONSABILITA’

In via preliminare, come sempre accade, il dossier clinico della paziente deceduta veniva sottoposto a valutazione medico-legale. Il nostro consulente, all’esito di un approfondito studio del caso, concludeva che il trattamento chirurgico di Protesi d’anca si era rivelato fallimentare, poiché gli operatori si erano resi responsabili: a) di una lesione iatrogena del nervo femorale di destra; b) di un danno iatrogeno vascolare determinante una trombosi dell’arteria femorale comune di destra (con necessità di un secondo intervento di rivascolarizzazione); e c) di una infezione del sito chirurgico da Enterococcus faecalis, con conseguente formazione di raccolta ascessuale e necessità di un terzo intervento chirurgico di rimozione protesi e bonifica.

LA MEDIAZIONE

Sulla scorta di una consulenza medico legale deponente per un nesso causale pieno fra le condotte colpose contestate ed il decesso della Sig.ra Simonetta, IUREMED ha promosso un procedimento di mediazione nei confronti della struttura ospedaliera ove la paziente era stata ricoverata ed operata. All’esito di un proficuo confronto svoltosi tanto sul piano medico-legale, quanto sul piano giuridico, si concordava su quanto segue: “il quadro settico di matrice nosocomiale, ed il ripetuto stress chirurgico con sindrome da prolungata immobilizzazione per i diversi interventi resi necessari dal fallimento dell’impianto di Protesi d’anca, si sono rivelati letali per la Sig.ra Simonetta, che, pertanto, è andata incontro a decesso al termine di un doloroso calvario”.

Stando così le cose, la controversia veniva definita in sede stragiudiziale mediante il riconoscimento, in favore del coniuge e delle due figlie della defunta, di una congrua somma di denaro, sia a titolo di risarcimento del danno patito iure proprio per la perdita anticipata del rapporto parentale con la loro congiunta, siaquale ristoro della sofferenza patita dalla Sig.ra Simonetta nel doloroso periodo precedente il decesso, e trasmessa ai suoi familiari iure hereditatis.

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