Errato trattamento di frattura di spalla con tutore
I fatti
Il sig. Domenico, di anni 54 all’epoca dell’evento, si recava al Pronto Soccorso a causa di una caduta accidentale, riferendo trauma della spalla destra. In tale sede veniva sottoposto a riduzione incruenta con applicazione di tutore di spalla.
A pochi giorni di distanza, un controllo TAC riscontrava frattura pluriframmentaria scomposta del collo e del trochite omerale con lussazione della testa, per cui veniva eseguito un intervento chirurgico di artroprotesi.
Successivamente all’intervento, Domenico intraprendeva intenso programma riabilitativo con scarsissimo recupero funzionale; in ragione di ciò, venivano attuate procedure correttive con mobilizzazione in anestesia e successivo intervento di revisione con applicazione di protesi inversa.
Domenico si rivolgeva a IUREMED per fare luce sulla sua vicenda clinica e individuare le eventuali responsabilità della struttura ospedaliera presso la quale gli erano state prestate le prime cure successivamente alla caduta.
La frattura del trochite omerale: il contesto
Il trochite omerale è una sorta di escrescenza ossea che si trova nella parte superiore dell’omero, l’osso che insieme alle scapole e alla clavicola forma il complesso della spalla; anatomicamente viene chiamato anche grande tuberosità dell’omero.
La frattura del trochite omerale è una frattura apparentemente poco importante ma, praticamente molto condizionante. Il trochite omerale ha una importanza fondamentale nell’equilibrio muscolare dell’articolazione giacché su di esso si inseriscono i muscoli della cuffia dei rotatori che servono a rendere armonico il movimento dell’articolazione.
Il trattamento più moderno è sempre quello chirurgico con una sintesi con placca che dà stabilità immediata alla frattura e permette una mobilizzazione immediata della articolazione senza bloccarla per 30-40 giorni come avviene nel trattamento incruento. La spalla è una articolazione che si irrigidisce rapidamente, per cui un mese di immobilizzazione rende dolorosa ed inadeguata la riabilitazione.
Le responsabilità mediche
Gli esperti in sede di CTU evidenziavano come le lesioni riscontrate dal Sig. Domenico durate l’accesso al Pronto Soccorso risultavano fortemente instabili e foriere di ulteriore aggravamento, se non sottoposte ad immediata stabilizzazione mediante intervento di osteosintesi e riduzione cruenta della lussazione posteriore.
La scelta dei medici curanti è stata quella di praticare ben due interventi estemporanei di riduzione della lussazione, nonché un terzo tentativo in narcosi con immediata dimissione del paziente, previa immobilizzazione in tutore. E ciò nonostante il referto TAC di controllo, eseguito dopo i predetti tentativi di riduzione, rilevava reperti sostanzialmente “invariati”, con persistenza di lussazione posteriore della articolazione gleno-omerale.
Pertanto, nella dinamica dell’intervento veniva risaltato un comportamento di negligenza e di imperizia da parte degli operatori sanitari, stanti le modalità riferite e descritte negli atti clinici.
Tale comportamento altamente imprudente determinava un considerevole aggravamento del quadro clinico del sig. Domenico, che in occasione di successivo accesso in Pronto Soccorso presentava una completa e non più emendabile pluriframmentazione della frattura, con persistenza della lussazione.
Alla luce di tali considerazioni, gli esperti in sede di CTU quantificavano un danno biologico permanente di natura iatrogena, da imputarsi all’operato dei Sanitari dell’Ospedale di (omissis) nella misura del 10% (dieci per cento), un danno biologico temporaneo in forma totale, di giorni 5 (cinque); un danno biologico temporaneo in forma parziale al 75% di giorni 30 (trenta); un danno biologico temporaneo in forma parziale al 5% di giorni 30 (trenta); ed infine un danno biologico temporaneo in forma parziale al 25% di giorni 30 (trenta).
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