Errata lettura di elettrocardiogramma in Pronto Soccorso  

In questa vicenda ripercorriamo la storia di Achille (nome di fantasia) deceduto a Roma nel 2004. All’epoca dei fatti aveva 41 anni.

La moglie si è rivolta a Iuremed per accertare le responsabilità dei medici e della struttura sanitaria romana per avere un giusto risarcimento per il danno subito che, con il nostro aiuto, ha ottenuto.

Approfondiamo il caso.

Cardiopatia ischemica

La cardiopatia ischemica si verifica in presenza di un insufficiente apporto di sangue e di ossigeno al cuore. La causa più frequente è l’aterosclerosi, caratterizzata dalla presenza di placche, formate prevalentemente da colesterolo, nelle arterie coronarie, che ostruiscono o riducono il flusso di sangue.

L’attività cardiaca è contraddistinta da un delicato equilibrio tra il fabbisogno di ossigeno del cuore e il flusso di sangue. Il muscolo cardiaco, infatti, è un organo che utilizza grandi quantità di ossigeno per il proprio metabolismo. In caso di malattie o condizioni che alterano questo equilibrio, si può produrre una riduzione acuta o cronica, permanente o transitoria, dell’apporto di ossigeno e degli altri nutrienti. Questo a sua volta può danneggiare il muscolo cardiaco, riducendone la funzionalità (insufficienza cardiaca).

Secondo uno studio pubblicato su Minerva Medica, l’esito dei pazienti con infarto miocardico acuto è significativamente migliorato negli ultimi 20 anni grazie all’introduzione di tecniche di riperfusione miocardica (ripristino del flusso sanguigno) più efficaci, in quanto è stato chiaramente dimostrato che la rapidità, l’estensione e la durabilità della riperfusione sono fattori prognostici importanti.

I Fatti

Achille si reca al pronto soccorso di un ospedale romano per un dolore toracico e scapolare intermittente che dura 5 minuti e poi regredisce spontaneamente. Sono le 12.20. Nell’anamnesi si indica anche che Achille è un forte fumatore e soffre di ipertensione. I clinici eseguono gli esami del sangue del caso e somministrano, alle 13.44, una terapia farmacologica. Alle 14.00 l’uomo è sottoposto a elettrocardiogramma (ECG), il cui referto non segnala eventi rilevanti.

Alle 14.44 però Achille è in arresto cardiocircolatorio. Iniziano quindi le manovre rianimatorie e la defibrillazione elettrica ma senza ripresa dell’attività cardiocircolatoria. Alle 15.45 si dichiara il decesso per infarto acuto del miocardio ed edema polmonare acuto con trombosi dell’arteria coronarica.

Ciò che è addebitato al personale sanitario è che l’elettrocardiogramma non è stato refertato e visionato da nessun cardiologo. Infatti, la cardiopatia ischemica in corso è stata sottovalutata dal medico del pronto soccorso che non ha chiamato lo specialista cardiologo. Non ha nemmeno saputo interpretare i segni clinici dell’insorgenza della malattia, in un paziente già sofferente di un disturbo cardiaco e in cura con beta bloccanti. L’ECG poi non è stato eseguito completamente, poiché mancavano le derivazioni posteriori che avrebbero reso la diagnosi più evidente.

A tutto questo si aggiunge un comportamento non corretto dei rianimatori che ha ridotto le possibilità di sopravvivenza di Achille.

Le responsabilità mediche

La moglie di Achille ha ritenuto che la morte del marito fosse imputabile a comportamenti omissivi dei clinici che hanno ridotto drasticamente le chance di sopravvivenza del marito.

Da una revisione critica del tracciato ECG, effettuata in seguito su incarico del consulente medico legale, è stato dedotto: “ritmo sinusale, sottolivellamento del tratto st in sede inferiore. Onda t negativa in DIII e difasica in aVF.  Sottolivellamento lieve del tratto ST in DI, aVL e da V2 a V6. R alta in V2 e 3 da verosimile infarto posteriore”.

Sono termini medici che indicano la necessità che l’ECG fosse visionato da un cardiologo, cosa che non è avvenuta. In questo modo, la cardiopatia ischemica è stata sottovalutata e non si sono correttamente interpretati i segni clinici della malattia. Un adeguato monitoraggio del paziente (che però non è accaduto) avrebbe poi potuto rilevare la necessità di una riperfusione miocardica.

Il consulente incaricato, infine, ha evidenziato una palese inadeguatezza nella gestione della diagnosi e dei protocolli che in questi casi vanno attuati in Pronto Soccorso e l’omissione delle procedure di rivascolarizzazione coronarica previste dalle linee guida.

L’inadeguata gestione diagnostica non ha permesso di eseguire altri accertamenti elettrocardiografici e altre tecniche di imaging che avrebbero evidenziato il grave quadro clinico.

Inoltre, la mancata esecuzione della terapia riperfusiva miocardica e un tempestivo trattamento a base di farmaci antiaggreganti, ha impedito una riduzione del rischio di morte. Seguendo, infatti, la procedura corretta, Achille avrebbe avuto una maggiore possibilità di sopravvivere, almeno del 70%.

Il risarcimento riconosciuto alla moglie di Achille per danno non patrimoniale che tiene conto del danno da perdita parentale è stato quantificato in 323.621,10 euro.

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