Ernia addominale come conseguenza di errato intervento alla prostata
Questa volta raccontiamo la vicenda di Gianfranco, 77 anni all’epoca dei fatti, ricoverato presso un ospedale di Bologna, i primi di aprile del 2019, per sottoporsi a un intervento di prostatectomia endouretrale mediante laser HoLEP, poiché affetto da ipertrofia prostatica benigna.
L’intervento però non procede correttamente e causa una serie di complicazioni e un peggioramento dei sintomi. Gianfranco quindi si rivolge a IUREMED per un equo risarcimento dei danni subiti. La questione si risolverà in via bonaria con un accordo tra le parti.
Ipertrofia prostatica benigna e prostatectomia endouretrale: il contesto
Con ipertrofia o iperplasia prostatica benigna (IPB) si intende un aumento di volume della prostata. Contribuisce all’ingrossamento della ghiandola sia l’aumento delle dimensioni del tessuto prostatico (ipertrofia), sia degli elementi cellulari che lo compongono (iperplasia).
I sintomi sono la conseguenza diretta dell’ingrossamento della prostata, cioè la compressione dell’uretra (il canale in cui passa l’urina) che rende difficile e dolorosa la minzione.
Piuttosto comune dopo i 50 anni, le cause sono ancora sconosciute, ma si ipotizzano modifiche a livello ormonale dovute all’avanzamento dell’età. In caso di sintomi severi, la cura può prevedere l’assunzione di farmaci o il ricorso alla chirurgia.
L’impatto sociale ed economico, ma anche sulla qualità di vita, delle patologie prostatiche è rilevante. Negli ultimi anni, infatti, c’è stato un notevole incremento del numero di prestazioni sanitarie relative ai disturbi della prostata, secondi in termini di incidenza soltanto all’ipertensione.
Secondo l’American Urological Association, la prevalenza dell’ipertrofia prostatica benigna negli uomini tra i 55 e 74 anni è del 19% .
Per prostactemia endouretrale, invece, si intende l’asportazione chirurgica (per via uretrale) della prostata e la successiva anastomosi (collegamento chirurgico) tra uretra e vescica.
Con l’intervento è rimossa la parte ostruente della prostata (adenoma) per migliorare i sintomi e il flusso dell’urina.
La tecnica chirurgica più utilizzata è la resezione transuretrale della prostata (Transurethral Resection of the Prostate, TURP). Si esegue con l’inserimento di un endoscopio (strumento a fibre ottiche) attraverso l’uretra. Un elettrobisturi collegato all’endoscopio permette di asportare (parte o tutta) la ghiandola prostatica.
I Fatti
Gianfranco entra in sala operatoria per essere operato alla prostata, nello specifico per resezione transuretrale di adenoma prostatico con laser ad Holmio (HoLEP). Durante l’operazione, tuttavia, si verifica una piccola infrazione della loggia prostatica, cioè della cavità anatomica che contiene la prostata. Dopo l’operazione e, nel corso della giornata, le sue condizioni cliniche peggiorano, tanto da rendere necessaria, lo stesso giorno, una nuova operazione per progressiva distensione dell’addome. Si esegue una mini-laparotomia transperitoneale e l’aspirazione del liquido accumulato nell’addome. Si posiziona un drenaggio e si rileva un discreto rilassamento della parete addominale. È poi trasferito nel reparto di terapia intensiva, dove resta per un paio di giorni.
Dopo circa una settimana dall’intervento Gianfranco è dimesso anche se in condizioni di salute non ottimali.
A fine maggio si reca al Pronto Soccorso per ritenzione urinaria acuta, disuria (dolore durante la minzione) e stranguria (minzione lenta e dolorosa). Gli viene applicato un catetere vescicale che porta buoni risultati.
Nel giugno dello stesso anno, la situazione peggiora con incontinenza, unita a sforzo e dolore alla minzione, la necessità di usare dei pannoloni e l’impossibilità ad avere un’erezione. Si evidenzia anche un laparocele (un’ernia) postoperatorio nella regione addominale, sede del posizionamento del drenaggio. Nessun beneficio dal trattamento farmacologico.
Le responsabilità mediche
Come indicato nel verbale post-operatorio, durante l’intervento si è verificata una lesione della capsula prostatica che però non è stata riparata e che ha comportato una seconda operazione. Fin dalle dimissioni poi il quadro clinico non era confortante: incontinenza urinaria, deficit erettivo e laparocele postoperatorio di 3×3 cm. Si tratta di un’ernia o protrusione dei visceri dell’addome per un difetto della parete addominale conseguente a un intervento chirurgico.
La CTU evidenza che, nonostante la scelta di operare un’ipertrofia prostatica benigna sia condivisibile anche dalle linee guida della Società Italiana di Urologia, la mancata esecuzione di una biopsia ha rappresentato un grosso limite. Una biopsia prostatica è, infatti, l’unico esame che consente di distinguere una patologia benigna da una maligna o neoplastica. I medici in questo senso sono stati un po’ imprudenti nel proporre direttamente l’enucleazione prostatica, cioè l’asportazione di un adenoma della prostata (ossia una porzione della ghiandola ingrossata che ostruisce l’uretra e ostacola la minzione).
Tra le possibili complicanze di un tale intervento ci sono incontinenza urinaria e/o disfunzione erettile, sintomi temporanei che solitamente si risolvono in alcune settimane. Tuttavia, l’incontinenza urinaria era già presente prima dell’operazione e la disfunzione erettile non è supportata da documentazione medica. Pertanto la CTU segnala che non vi sono prove che si tratti di eventi imputabili direttamente all’operazione.
Il discorso però cambia per la presenza dell’ernia (laparocele) nella regione ombelicale, in corrispondenza della cicatrice chirurgica per inserire il drenaggio. Non c’è stata quindi una corretta e accurata esecuzione tecnica della sutura degli strati della parete addominale, attribuibile all’operato del chirurgo.
La vertenza con il nosocomio bolognese si chiude in via bonaria con il riconoscimento del danno iatrogeno (dovuto cioè a imperizia medica) pari a euro 38.166,00.
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