Complicanze di un intervento chirurgico per stenosi dell’arteria carotide
Quando gli eredi della signora Lucia – nome di fantasia scelto per tutelare la riservatezza della paziente – hanno deciso di rivolgersi a Iuremed, non si trattava soltanto di cercare un risarcimento economico. Si trattava soprattutto di fare chiarezza su una vicenda clinica drammatica, culminata con una lunga agonia e con la morte della loro congiunta, dopo un intervento chirurgico teoricamente di routine. I familiari erano confusi e smarriti: come era stato possibile un esito tanto grave, quando la paziente era entrata in ospedale camminando sulle proprie gambe per sottoporsi a un intervento indicato come preventivo?
La patologia iniziale e l’intervento chirurgico
Lucia, all’epoca dei fatti cinquantanovenne, si era rivolta ai sanitari in seguito a sintomi neurologici, riconducibili a una stenosi critica dell’arteria carotide interna destra. L’indicazione a un intervento di TEA (tromboendoarteriectomia) carotidea era corretta, tenuto conto della severa riduzione del flusso ematico cerebrale, del rischio ischemico e della presenza di placche ateromasiche instabili.
Il trattamento chirurgico – sebbene non esente da rischi – è considerato un’opzione terapeutica standard nei casi di stenosi carotidea superiore al 70-80%, e consiste nella rimozione della placca aterosclerotica mediante eversione dell’arteria. L’operazione viene generalmente eseguita in anestesia loco-regionale proprio per ridurre le complicanze legate alla perfusione cerebrale.
Le complicanze e il peggioramento drammatico
L’intervento fu eseguito il 28 giugno 2018. In un primo momento, tutto sembrava procedere regolarmente. Tuttavia, a partire dalla sera successiva comparvero sintomi neurologici significativi: parestesie e difficoltà motorie. Una TAC encefalo evidenziò un piccolo ematoma nel talamo, che inizialmente parve sotto controllo.
La notte tra il 30 giugno e il 1° luglio fu però fatale: Lucia sviluppò un’emorragia cerebrale massiva, che comportò un aggravamento neurologico repentino e gravissimo. Venne quindi trasferita d’urgenza al Policlinico, dove fu sottoposta a un intervento neurochirurgico di craniotomia decompressiva e, successivamente, a molteplici altre procedure. Malgrado l’impegno terapeutico, la paziente non si riprese mai completamente: rimase per mesi in stato vegetativo, andando incontro a infezioni ospedaliere (tra cui colonizzazioni da Klebsiella KPC e Pseudomonas aeruginosa), decubiti e numerosi episodi infettivi fino al decesso.
Le criticità rilevate dai consulenti tecnici
La consulenza tecnica d’ufficio, disposta dal Tribunale, ha evidenziato alcune gravi carenze nella gestione post-operatoria e nella profilassi delle infezioni. In particolare:
- Mancata profilassi antibiotica in occasione di un secondo intervento neurochirurgico eseguito il 4 luglio 2018, nonostante il contesto clinico di elevato rischio infettivo;
- Ritardo nella diagnosi e nel trattamento dell’infezione da batteri multiresistenti, che hanno contribuito al peggioramento neurologico e sistemico;
- Carente monitoraggio post-operatorio e una gestione inadeguata della pressione intracranica e della derivazione liquorale, che hanno favorito lo sviluppo di un ascesso cerebrale.
I consulenti hanno stabilito che “più probabile che non” (criterio del 50% + 1) le complicanze infettive, favorite da omissioni nella prevenzione e nella cura, abbiano avuto un ruolo causale nella morte di Lucia. Inoltre, hanno calcolato che – in assenza di complicanze – la paziente avrebbe avuto un’aspettativa di vita residua di almeno 10 anni, considerando la stabilità oncologica e cardiologica preesistente.
Il diritto al risarcimento degli eredi
Alla luce delle risultanze peritali, gli eredi di Lucia hanno visto riconosciuto non solo il danno iure hereditatis, ovvero i danni sofferti dalla paziente stessa prima della morte (incluso il danno biologico terminale e il danno morale terminale), ma anche i danni iure proprio, per la perdita della congiunta.
Il percorso giudiziario, reso possibile anche grazie all’assistenza offerta da Iuremed in termini di anticipazione delle spese mediche e legali, ha restituito dignità a una vicenda dolorosa. Non si è trattato solo di ottenere un ristoro economico: è stato soprattutto un modo per dare voce a chi, nella sofferenza, non ha potuto difendersi da sola.
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