Chirurgia per l’obesità con esiti disastrosi
La vicenda clinica di Tommaso, 37 anni all’epoca dei fatti, inizia nel febbraio del 2020 quando decide di sottoporsi a un intervento chirurgico bariatrico. Pesa 139 kg e negli anni né i farmaci, né le diete hanno portato ai risultati sperati. Sceglie la chirurgia anche per correggere le complicanze dell’obesità, come dolori alla schiena e alle articolazioni e perché ha sempre più difficoltà a svolgere le normali attività quotidiane. Ma il post-operatorio non è dei migliori e Tommaso è sottoposto a più di un intervento chirurgico, con pesanti ripercussioni sul suo stato di salute.
Tommaso, quindi, si rivolge a IUREMED per capire cosa è accaduto e chiedere e ottenere un giusto risarcimento.
Obesità e sleeve gastrectomy: il contesto
L’obesità è una malattia cronica complessa e con cause diverse. Si caratterizza da eccessivo peso corporeo per accumulo di tessuto adiposo, in misura tale da influire negativamente sullo stato di salute.
Secondo l’ISTAT, negli ultimi anni c’è stato un rapido aumento dei casi di obesità, quasi epidemico. In Italia rappresenta un problema sanitario di crescente gravità, coinvolgendo circa il 35% della popolazione.
I soggetti obesi hanno una riduzione della qualità della vita, con un incremento esponenziale del rischio di mortalità di almeno il doppio rispetto alle persone normopeso. Vi sono, inoltre, alcune malattie strettamente legate all’obesità: diabete di tipo II, ipercolesterolemia, ipertrigliceridemia, ipertensione, cardiopatie, tumori del colon-retto, ecc.
L’unica terapia in grado di ottenere una perdita di peso significativa nel lungo termine è la chirurgia bariatrica (o chirurgia dell’obesità). Rappresenta, attualmente, un efficace strumento per la perdita del peso in eccesso e per il mantenimento del peso ottenuto nel lungo periodo.
Associata alla dieta, determina quindi un miglioramento complessivo della qualità di vita.
Nello specifico, l’intervento di sleeve gastrectomy consiste nella resezione verticale, lungo la grande curvatura, di circa 4/5 dello stomaco, con asportazione completa del fondo gastrico. Si forma in questo modo un tubulo gastrico che comporta un minor introito di cibo.
I fatti
Tommaso è una persona obesa, pesa più di 130 kg, e dopo ripetuti e inefficaci tentativi con regimi dietetici e farmacologici, decide di sottoporsi a un intervento chirurgico bariatrico. Vuole perdere il peso in eccesso non solo per le ripercussioni sulla salute, ma perché ormai fa fatica a svolgere le semplici attività quotidiane e le ripercussioni psicologiche e a livello professionale iniziano a farsi insostenibili.
Si rivolge quindi a una struttura ospedaliera pavese che gli illustra tutte le diverse tipologie di intervento, con i rispettivi vantaggi e controindicazioni. Le tecniche chirurghe proposte sono due: la sleeve gastrectomy e il bypass gastrico. La seconda opzione comporta un maggior rischio di riprendere il peso e più farmaci da assumere. Sceglie quindi la sleeve gastrectomy, una tecnica chirurgica che prevede la riduzione del volume dello stomaco per ottenere il dimagrimento mediante un minor introito alimentare. È sottoposto a tutte le indagini mediche pre-operatorie e a un colloquio di tipo psicologico. Alla fine del percorso valutativo, Tommaso conferma la sua scelta di operarsi.
Entra in sala operatoria in anestesia generale. L’intervento sembra essere riuscito, ma il post-operatorio non è dei migliori, perché Tommaso avverte forti dolori addominali. È di nuovo operato, ma stavolta la sleeve gastrectomy è convertita in bypass gastrico. È poi ricoverato nel reparto di Rianimazione con un decorso post-chirurgico in graduale miglioramento. A fine febbraio, dopo quasi un mese di ricovero, è dimesso dopo tutti gli accertamenti del caso, con una prescrizione di dieta liquida per 7 giorni, una terapia farmacologica e controllo entro due mesi.
Dopo circa due settimane però Tommaso avverte forti dolori addominali e si reca al pronto soccorso di un policlinico romano con la febbre a 39 C°. È messo in isolamento per sospetta infezione da SARS-COV2 e sottoposto a terapia antibiotica. I medici ricorrono a diversi esami diagnostici per capire la problematica, tra cui una TAC addome completo che evidenzia il sospetto di una possibile microperforazione in sede gastrica. A metà marzo è sottoposto a un intervento di endoscopia chirurgica per il posizionamento di una protesi esofago-gastrica per risolvere la fistola. È dimesso alla fine del mese con i paramenti vitali nella norma e senza dolore addominale.
A metà aprile Tommaso però corre di nuovo in Pronto Soccorso per crisi di vomito che durano da più di 3 giorni ed è ricoverato al reparto di Chirurgia mini-invasiva per rimuovere la protesi esofago-gastrica. È dimesso dopo pochi giorni, ma le sue condizioni di salute non sono ottimali.
Le responsabilità mediche
Secondo gli studi, le complicanze per questo tipo di intervento si stimano intorno al 5-10% dei casi e prevedono soprattutto l’emorragia intraddominale e la fistola gastrica (fissurazione o apertura della parete gastrica). Nel caso di Tommaso il decorso post-operatorio è stato pesantemente complicato dall’insorgenza di una fistola, con conseguente versamento liquido nell’addome e l’innesco di un processo infettivo.
Dopo le diverse operazioni, Tommaso ha perso molto peso: dai 139 kg è arrivato a pesarne circa 83, di cui 32 persi in ospedale. Ma ha continuato a perdere peso, poiché se mangiava “una forchettata in più”, correva subito a vomitare.
Secondo la CTU del medico legale, valutando la tempistica dell’intervento, si riceve l’impressione di una certa frenesia chirurgica, confermata dai tempi troppo rapidi dell’intervento e dalla mancanza di drenaggio in addome, raccomandato dalle linee guida e dall’esperienza di una corretta pratica medica.
Per risolvere il dolore addominale di Tommaso dopo l’operazione, il chirurgo ha deciso di procedere con un nuovo intervento, senza adeguate motivazioni che, infatti, mancano nella cartella clinica, e senza l’approfondimento di esami strumentali come una TC addome.
La sleeve gastrectomy è stata dunque trasformata in un by pass gastrico, la scelta che Tommaso aveva esplicitamente rifiutato dopo aver ricevuto le informazioni sulle diverse tecniche bariatriche.
Inoltre, il secondo intervento non risolse la sintomatologia dolorosa, che costrinse Tommaso, a distanza di tempo, a rivolgersi a un altro ospedale. Qui fu nuovamente sottoposto a un’operazione per il posizionamento di uno stent, per risolvere una piccola perforazione gastrica, e poi alla sua rimozione una volta risolto il problema.
Le non buone condizioni di salute di Tommaso sono dunque dovute all’intervento: la perdita di peso, troppo rapida ed eccessiva, è la conseguenza delle limitate dimensioni della tasca gastrica residua e del conseguente malassorbimento alimentare. Il vomito, infatti, è dovuto all’introduzione di cibo “eccessiva” rispetto alle dimensioni della tasca e potrà, forse, diminuire soltanto se, con il passare del tempo, la tasca si dilaterà.
Tommaso ottiene, mediante un accordo con la clinica pavese, un risarcimento di euro 165.000 per i danni subiti.
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