Ablazione per fibrillazione atriale complicata da infezione da MRSA
È il gennaio del 2021 quando Paolo, 75 anni, si ricovera per fibrillazione atriale presso un ospedale torinese per essere sottoposto a una procedura di ablazione transcatetere con radiofrequenza. L’intervento è andato bene e Paolo è dimesso in buone condizioni. Nei giorni seguenti però le condizioni di salute dell’uomo peggiorano sempre di più. Nonostante i successivi ricoveri, per Paolo non c’è un esito positivo: muore in ospedale per sepsi multiorgano. I familiari si rivolgono a IUREMED per capire come sono andate le cose e per richiedere e poi ottenere un risarcimento per danni morali ed esistenziali.
Fibrillazione atriale e sepsi multiorgano: il contesto
La fibrillazione atriale è un’aritmia cardiaca molto diffusa, la cui prevalenza tende a crescere con l’aumentare dell’età.
Nella fibrillazione atriale l’attività elettrica del cuore è completamente disorganizzata e non corrisponde a un’attività meccanica efficace. Tale variabilità fa sì che i ventricoli del cuore si contraggano in maniera irregolare, causando una riduzione del volume di sangue circolante e un alterato apporto di ossigeno e nutrimento a tutti gli organi.
Il più delle volte i primi episodi di fibrillazione atriale iniziano e terminano spontaneamente, dopo poche ore. Tuttavia, se non curati, questi episodi, con il passare del tempo, aumentano in frequenza e durata.
Tra gli approcci terapeutici c’è l’ablazione trans catetere, che si esegue attraverso l’erogazione di energia elettrica (radiofrequenza) dalla punta metallica di un particolare elettrocatetere introdotto per via venosa e portato all’interno del cuore. L’energia elettrica comporta il riscaldamento della punta metallica, determinando delle piccolissime bruciature. Il catetere è posizionato nel punto dove, basandosi sulla lettura dei segnali elettrici, sembra più facile interrompere l’aritmia. Con questa metodica, la radiofrequenza si applica solamente nei punti da cui si origina l’aritmia e non si danneggia il tessuto miocardico.
La sepsi, invece, è una complicazione di un’infezione solitamente batterica, le cui conseguenze possono essere molto gravi e potenzialmente mortali. Si tratta di una risposta infiammatoria eccessiva dell’organismo che danneggia tessuti e organi, compromettendone il funzionamento.
I Fatti
Nel gennaio 2021 Paolo è ricoverato presso un nosocomio di Torino per episodi ricorrenti di fibrillazione atriale. Il giorno seguente è sottoposto a una procedura terapeutica di ablazione transcatetere con radiofrequenza. È dimesso il giorno seguente e le sue condizioni di salute sembrano essere piuttosto buone. Nei giorni seguenti, tuttavia, Paolo ha la febbre, tossisce molto e fa fatica a respirare (dispnea). Si reca in Pronto Soccorso ed è subito ricoverato e sottoposto a una TC torace. La diagnosi è di focolaio broncopneumonico per il quale è sottoposto a broncolavaggio e terapia antibiotica per infezione ospedaliera da MRSA. Si tratta di un’infezione da Stafilococco aureus resistente alla meticillina (in inglese Methicillin-Resistant Staphylococcus Aureus).
A fine febbraio, nonostante gli episodi di severa desaturazione e di evidente affaticabilità, Paolo è dimesso e torna a casa con la prescrizione di ossigenoterapia. I primi di marzo però si reca nuovamente in ospedale per dispnea acuta e brividi. Gli esami del sangue indicano una grave infezione e il giorno seguente Paolo muore per sepsi multiorgano.
Le responsabilità mediche
Le infezioni ospedaliere o correlate all’assistenza sanitaria si contraggono durante il ricovero in ospedale e si manifestano non prima delle 48 ore o più dal ricovero. Sono una delle problematiche mediche più importanti sia per la frequenza, sia per la prevenzione.
È un tema complesso, anche perché è difficile per il medico dimostrare di aver adottato ogni precauzione per evitare le infezioni, così com’è difficile dimostrare il contrario.
Sono infezioni prevedibili e inevitabili? Certamente sono prevedibili, perché sono una delle complicanze più comuni dei ricoveri in ospedale. Gli studi però le definiscono evitabili. Secondo le statistiche dei centri di controllo e prevenzione delle malattie, sono almeno 2 milioni i pazienti che ogni anno contraggono un’infezione acquisita in ospedale e circa 100.000 muoiono. Ma la maggior parte di queste sono prevedibili. Sempre riferendosi alle linee guida di settore, secondo la relazione medico-legale, Paolo, nel momento in cui entrava in ospedale, aveva alte probabilità di una sopravvivenza di 12 o 36 mesi rispetto al decesso.
Ciò che si evidenzia è che l’infezione da MRSA ha causato un quadro clinico piuttosto grave e che gli episodi di desaturazione al momento delle dimissioni, così come la forte dispnea durante sforzi anche minimi, non rendevano congrua l’uscita di Paolo dall’ospedale.
Le conclusioni della relazione indicano quindi l’esistenza di un nesso di causa tra l’infezione contratta in nosocomio e il decesso.
I familiari e l’ospedale chiamato in causa giungono a una mediazione per la richiesta di risarcimento per danni da responsabilità medica che stabilisce un risarcimento pari a 296.340,00 euro, oltre al rimborso per le spese legali e l’indennità di mediazione.
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