Anche il coniuge separato ha diritto al risarcimento per la morte dell’ex

Con l’ordinanza n. 31373 del 1° dicembre 2025, la Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi su un tema delicato e di grande interesse: il diritto del coniuge separato al risarcimento del danno non patrimoniale in caso di morte dell’altro partner causata da un fatto illecito.
La vicenda esaminata dalla Corte – relativa al decesso di una donna ricoverata presso una struttura sanitaria – ha offerto l’occasione per ribadire e precisare principi fondamentali sul ruolo del legame affettivo, anche quando la relazione coniugale si trova in una fase di separazione di fatto.

Il caso: il marito chiede il risarcimento per la morte della moglie, nonostante la separazione

Il ricorrente, marito della vittima, aveva agito in giudizio per ottenere il risarcimento del danno subito in seguito alla morte della coniuge, caduta dal terzo piano dell’ospedale in cui era ricoverata. Il Tribunale aveva riconosciuto integralmente il suo diritto, ma la Corte d’Appello aveva invece respinto la domanda, ritenendo non provato un reale e attuale legame affettivo tra i due, poiché risultavano separati di fatto da alcuni mesi.

Secondo i giudici di secondo grado, l’attore avrebbe dovuto allegare e provare specificamente l’esistenza di un rapporto affettivo residuo, e la sola condizione di coniugio non sarebbe stata sufficiente. Una posizione che la Cassazione ha ritenuto errata e contraria agli indirizzi ormai consolidati.

Il principio fondamentale: il matrimonio fa presumere un legame affettivo

La Suprema Corte ribalta la decisione d’appello e afferma con chiarezza un principio cardine:
la sola esistenza del rapporto di coniugio è sufficiente a fondare la presunzione di un legame affettivo, che giustifica il diritto al risarcimento del danno da perdita del rapporto parentale.

Si tratta di una presunzione basata sull’“id quod plerumque accidit”: normalmente, tra coniugi esiste un vincolo affettivo la cui lesione provoca una sofferenza risarcibile.
Per questo motivo – chiarisce la Corte – non è il coniuge superstite a dover dimostrare l’esistenza del legame, bensì l’eventuale danneggiante a dover provare la sua totale assenza, circostanza ritenuta eccezionale e di difficile dimostrazione.

E la separazione? Non è sufficiente per negare il risarcimento

La Corte affronta poi il tema centrale: la separazione, anche di fatto, non esclude automaticamente il diritto al risarcimento.

La giurisprudenza citata in sentenza è chiara: il legame coniugale può continuare a esistere, con intensità anche significativa, nonostante una separazione, soprattutto quando:

  • il matrimonio è durato molti anni;
  • vi sono figli comuni;
  • la separazione è recente o non accompagnata da rottura radicale.

È ciò che avveniva nel caso oggetto della decisione: i coniugi erano stati sposati per oltre quarant’anni e avevano tre figli adulti. Elementi che, secondo la Cassazione, avrebbero dovuto indurre il giudice d’appello a valutare concretamente la persistenza del legame, e non a escluderlo sulla base della sola separazione.

La Corte aggiunge che solo una prova rigorosa – anche per presunzioni, ma solida – può portare a ritenere del tutto cessato il legame; prova che nel caso esaminato mancava del tutto.

Errore della Corte d’Appello: focus sbagliato su allegazione e prova

L’errore della Corte territoriale è stato duplice:

1. Ha preteso che fosse il marito a dimostrare l’esistenza del legame affettivo, mentre, secondo la Cassazione, tale prova non è richiesta: basta allegare il matrimonio.
2. Ha escluso in radice il risarcimento, senza analizzare gli elementi che potevano dimostrare un legame ancora esistente, come la lunga durata del matrimonio e la presenza di figli comuni.

La Cassazione richiama pertanto l’obbligo del giudice di merito di valutare concretamente tutti gli elementi della relazione e, se del caso, ridurre ma non annullare il risarcimento.

La decisione finale

La Suprema Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza d’appello e rinvia la causa affinché venga determinato il danno secondo i principi affermati.

Si tratta di una decisione di grande importanza, perché ribadisce in modo definitivo che:
il coniuge separato – anche solo di fatto – conserva il diritto al risarcimento per la morte dell’altro, salvo prova rigorosa della totale assenza di un legame affettivo.

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